Giurisprudenza

11 febbraio 2009    Suprema Corte

Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza 11.2.2009 n. 14452

Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza dell’11.2.2009 n. 14452

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, non integra gli estremi della colpa grave ostativa al diritto all'indennizzo il comportamento del soggetto (presente in giudizio) che, essendo affetto da vizio di mente, non lo abbia rappresentato al giudice. (Fattispecie nella quale il giudice della cognizione aveva successivamente accertato che l'imputato non era imputabile per vizio di mente, pur avendo conservato in parte la sola capacità di intendere). 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

1. Luigi Trentini proponeva istanza di riparazione per errore giudiziario, rappresentando che:
- era stato condannato, con sentenza del 30 giugno 2000 del Tribunale di Verona, passata in giudicato, alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, per imputazione di ricettazione; 

- aveva espiato detta pena in regime di detenzione domiciliare;

- successivamente, il 28 febbraio 2007, la Corte di Appello di Trento, accogliendo una sua istanza di revisione (sul presupposto della sua incapacità di intendere e di volere all'epoca del fatto di reato), aveva revocato la predetta sentenza e pronunciato sentenza di assoluzione trattandosi di persona non imputabile per incapacità di intendere e di volere.
Riteneva la Corte territoriale la colpa grave dell'istante, desunta dalla circostanza che si era peritalmente accertato che "all'epoca del fatto-reato... sì versava egli in una condizione di incapacità di volere ma non era parimenti incapace di intendere", essendosi ritenuto "in parte conservata la capacità di intendere". L'istante, quindi, argomentavano i giudici del merito, "era in condizione ..., una volta avuta notizia dell'accusa rivoltagli e della celebrazione del processo a suo carico, di percepire l'esatto significato della prima nonché l'estrema importanza di una propria personale partecipazione al secondo ai fini appunto della necessaria rappresentazione al giudice di quelle sue problematiche di ordine psichico che, a causa del disinteresse da lui dimostrato nei riguardi della vicenda processuale in questione, finivano invece per sfuggire a qualsivoglia tipo di indagine e/o accertamento, e per rimanere del tutto estranee al thema decidendum...", essendo l'imputato "colpevolmente rimasto contumace" e nulla al riguardo avendo rappresentato il suo difensore.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l'istante, per mezzo del difensore, tale nominato dal padre e tutore dell'istante medesimo, denunziando il vizio di motivazione.

Deduce che:

- illegittimamente era stata ritenuta la sua contumacia nel corso del giudizio, giacché, in effetti, egli in quella sede era "libero presente";

- non poteva ritenersi "alcun comportamento gravemente colposo e ciò proprio per il suo stato di soggetto incapace";

- egli mai "si è sottratto in qualche modo agli accertamenti diretti a verificare il suo stato psichico causando così l'errore giudiziario".

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è fondato.

Invero, occorre innanzitutto rilevare che, contrariamente all'assunto del provvedimento impugnato, e come giustamente rileva anche il P.G. in questa sede requirente, l'istante non rimase contumace nel processo in questione: per come è dato rilevare dagli atti qui rimessi, trattasi della sentenza in data 1 luglio 2000 del Tribunale di Verona, in composizione monocratica, di applicazione della pena, ex art. 444 cod. proc. pen., nella quale si da atto in epigrafe che l'imputato era presente e, nella motivazione, che "le parti hanno chiesto l'applicazione della pena...".

Ciò posto, è ben vero che, come deduce il ricorrente, la colpa ostativa alla riparazione dell'errore giudiziario deve essere esaminata non soltanto in relazione al grado di ingiustificatezza della negligenza o imprudenza, ma anche in relazione alla sua incidenza causale, intesa come idoneità non a concorrere, ma a causare l'errore giudiziario (Cass., Sez. 4, 24.9.1998, n. 2569). E s'è altra volta pure chiarito che, in subiecta materia, a concretizzare la colpa grave è necessario che sussista una condotta caratterizzata da noncuranza, negligenza, incuria, indifferenza, che rendano la sopravvenuta sentenza di condanna "evento prevedibile dalla generalità delle persone di ordinaria esperienza" (Cass., Sez. 4, 27.11.1992, n. 1366).


Nella specie, non può ritenersi che obbedisca alle regole della logica il ritenere che un soggetto (non contumace, ma presente nel relativo giudizio), accertatamente ritenuto non imputabile per vizio di mente, ancorché abbia "in parte conservata la (sola) capacità di intendere" (e quindi, comunque, non quella di volere), fosse tenuto ad una "necessaria rappresentazione al giudice di quelle sue problematiche di ordine psichico...", e che, per implicita conseguenza, non aver rappresentato il suo vizio di mente costituisca colpa grave di un non imputabile.

4. L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Trento.

P.Q.M.

La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Trento.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2009.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2009 

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